Wednesday, March 01, 2006

Le Rune (terza parte)

Il mistero dell’origine delle rune pare in parte dirimersi, o accentuarsi a seconda del punto di vista, col ritrovamento del più antico reperto recante scritte runiche: il cosiddetto “Elmo di Negau”.


Ritrovato al confine tra l’Austria e l’odierna Slovenia insieme ad altri elmi nel 1816 e classificato come “elmo B”, il reperto deriva il proprio nome proprio dal luogo del ritrovamento, Negau appunto, l’odierna Zenjak che oggi si trova in territorio sloveno. La sua datazione lo fa risalire al 400 a.C., ma la vera particolarità di questo reperto sta nell’iscrizione che riporta: “harigasti teiva”.



Interpretata come una dedica al dio della guerra di quel periodo, il testo dell’iscrizione dal punto di vista linguistico è sicuramente di origine germanica: infatti harja-gastiz* significa letteralmente “ospite dell’esercito” e teiva potrebbe essere messo in connessione con Tyr nell’accezione più ampia di “dio”. Particolare è invece l’alfabeto in cui è stato vergato: si tratta, infatti, di caratteri in venetico o comunque in uno degli alfabeti Nord italici presenti tra il V e I sec. a.C. come il Lepontico, il Retico e il Venetico che presentavano caratteristiche comuni poiché derivati da un alfabeto italico arcaico e che spostano, quindi, l’attenzione su una possibile origine etrusco-italica dell’alfabeto runico.


Si veda, ad esempio, la similitudine tra alcune rune e parte dei caratteri dell’alfabeto osco: