Le Rune (seconda parte)
Il FUTHARK, o alfabeto runico, deve il proprio nome alle prime lettere che lo compongono e che rappresentano il suono delle rune stesse, cioè fehu (“bestiame”, quindi “ricchezza”), ûruz (ha due etimologie: “toro selvaggio” o “luogo umido”/ “pioggerella”), þurisaz (“runa dei Giganti”), ansuz (“dei”), raidô (“cavalcata”, “viaggio”), kênaz (“fiaccola”).
Ne esistono due varianti: il futhark antico detto serie lunga o futhark protogermanico , e il futhark giovane o serie breve. Il futhark antico è un sistema di 24 segni che venne adottato da quasi tutte le popolazioni germaniche; mentre il futhark giovane, che ne costituisce una variante semplificata, presenta una riduzione a 16 segni e venne utilizzata soprattutto nell’area scandinava a partire dal IX secolo.
Futhark antico:

(Immagine tratta da “Le Rune e gli Dei del Nord” di M.Polia) Accanto ad ogni runa è stato riportato il valore fonetico originario e la probabile denominazione protogermanica. I 3 punti fanno da separatori alle “famiglie” (ættir) runiche, ad esempio fehu ætt, hagall ætt, Tyr ætt.
Futhark giovane o serie scandinava:

Ibidem.
Le prime testimonianze dell’utilizzo dell’alfabeto runico risalgono alla fine del II secolo o inizio III secolo d.C.: si tratta di brevi iscrizioni su oggetti d’uso quotidiano come fibule, pettini o su armi ed elmi che, il più delle volte, riportano il nome del proprietario o dell’artigiano che li aveva fabbricati. La più antica e più conosciuta frase di senso compiuto in alfabeto runico è l’iscrizione su uno dei corni di Gallehus, risalente al 400 d.C.
Iscrizione corno di Gallehus:

Traslitterazione: “ek HlewagastiR HoltinjaR horna tawido” (io, Hlewagastir di Holt feci il corno).
I cosiddetti Corni di Gallehus sono due corni potori i cui originali sono oggi andati perduti, rinvenuti fortuitamente interrati e riportati alla luce in periodi diversi presso il villaggio di Gallehus vicino a Møgeltønder in Danimarca. Il primo, rinvenuto nel 1639, misurava 75,8 cm, pesava 7,2 kg, era in buone condizioni e riportava sull’orlo, appunto, l’iscrizione in antico futhark e in versi allitterativi; il secondo, ritrovato nel 1734, era più piccolo e danneggiato. I due manufatti in oro, finemente decorati da scene mitologiche probabilmente della saga scandinava (o celtica, come hanno supposto alcuni) disposte su fasce circolari, vennero rubati e fusi nel 1802: le copie, realizzate grazie a dei disegni dell’epoca, sono ora conservate al Museo nazionale danese di Copenhagen. Dei corni ci rimangono anche dei trattati: riguardo al primo il De aureo cornu scritto dall’antiquario Olaus Wormius nel 1641, dove si trova un primo schizzo del corno.
Schizzo di Paulii
Questa e altre iscrizioni runiche più antiche (risalenti II e III secolo d.C.) sono importanti anche dal punto di vista linguistico, in quanto non presentano particolari caratteristiche dialettali che invece andranno a costituire gli elementi distintivi delle lingue germaniche, rivelando, quindi, una lingua ancora unitaria e compatta.
Ne esistono due varianti: il futhark antico detto serie lunga o futhark protogermanico , e il futhark giovane o serie breve. Il futhark antico è un sistema di 24 segni che venne adottato da quasi tutte le popolazioni germaniche; mentre il futhark giovane, che ne costituisce una variante semplificata, presenta una riduzione a 16 segni e venne utilizzata soprattutto nell’area scandinava a partire dal IX secolo.
Futhark antico:

(Immagine tratta da “Le Rune e gli Dei del Nord” di M.Polia) Accanto ad ogni runa è stato riportato il valore fonetico originario e la probabile denominazione protogermanica. I 3 punti fanno da separatori alle “famiglie” (ættir) runiche, ad esempio fehu ætt, hagall ætt, Tyr ætt.
Futhark giovane o serie scandinava:

Ibidem.
Le prime testimonianze dell’utilizzo dell’alfabeto runico risalgono alla fine del II secolo o inizio III secolo d.C.: si tratta di brevi iscrizioni su oggetti d’uso quotidiano come fibule, pettini o su armi ed elmi che, il più delle volte, riportano il nome del proprietario o dell’artigiano che li aveva fabbricati. La più antica e più conosciuta frase di senso compiuto in alfabeto runico è l’iscrizione su uno dei corni di Gallehus, risalente al 400 d.C.
Iscrizione corno di Gallehus:

Traslitterazione: “ek HlewagastiR HoltinjaR horna tawido” (io, Hlewagastir di Holt feci il corno).

Schizzo di Wormius
Mentre il secondo venne descritto in un trattato di Richard Joachim Paulii nel 1734.

Questa e altre iscrizioni runiche più antiche (risalenti II e III secolo d.C.) sono importanti anche dal punto di vista linguistico, in quanto non presentano particolari caratteristiche dialettali che invece andranno a costituire gli elementi distintivi delle lingue germaniche, rivelando, quindi, una lingua ancora unitaria e compatta.
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